28 Novembre 2012

Suite Manouche: la scrittura di Roberto Rossi

Ci sono dei ricordi nella mente delle persone che, nonostante gli anni, rimangono sempre nitidi, come se il tutto fosse successo il giorno prima. Ho ancora così chiaro il ricordo di quel piovoso giovedì di gennaio quando, ragazzina, per la prima volta ho conosciuto Roberto Rossi, all’epoca un ragazzo poco più che ventenne che stava preparando il suo ottavo anno di conservatorio. Prima di conoscerlo avevo cercato, nell’euforia che mi contraddistingueva in quel momento, di immaginarmelo ma l’idea che mi ero fatta del “maestro di musica” di certo non corrispondeva alla realtà dei fatti. Non era anziano, con i capelli bianchi, non vestiva in un completo grigio antracite e sopratutto sapeva coinvolgere i ragazzi in quello che facevano! Il mio periodo di studi con lui è durato poco perchè l’entusiasmo reciproco con cui affrontavamo le lezioni portò me a voler imparare più cose possibili e lui a decidere di presentarmi il suo maestro, Giorgio Albiani, sotto la guida del quale, alla fine, ci siamo diplomati entrambi. Da quel momento Roberto ed io siamo diventati compagni di studi, colleghi e sopratutto amici anche se, nonostante il breve periodo, in me rimane sempre vivo il ricordo del nostro rapporto “allievo-maestro”.

Una delle cose che colpisce di chi incontra Rossi è sicuramente il suo eclettismo e la sua versatilità, caratteristiche che, unite alla musicalità e la tecnica strumentale, contraddistinguono il suo modo di suonare, improvvisare e, da un po’ di tempo a questa parte, di comporre. La sua preparazione “accademica” è stata sempre affiancata dalla curiosità di conoscere anche altri tipi di percorsi musicali, dal rock al blues, al jazz fino alla musica popolare (per un periodo ha fatto parte de “I Viulan”, gruppo di musica popolare dell’appennino tosco-emiliano) stili e generi che inevitabilmente hanno influenzato non solo il suo modo di fare musica ma sopratutto le sue composizioni.

La scrittura di Rossi non è, come si potrebbe “ingenuamente” ed istintivamente pensare, “musica per chitarra scritta da chitarristi”: dietro ad ogni composizione ci sono idee e ricerche approfondite che trovano sulla carta la loro concretezza. Ne sono un esempio i tre movimenti della “Suite Manouche” per due chitarre dedicata al duo Albiani-Fruscella e recentemente pubblicata per le Edizioni Soldano.

In “Djanto-Serenata triste-Vals pour trois” le chitarre si rincorrono tra le armonie e i ritmi d’ispirazione manouche, tra accompagnamenti e melodie trascinanti e mai scontate che richiamano il sodalizio Reinhardt-Grappelli. Conclude la suite il dolcissimo vals dedicato alla moglie Manila e alla piccola Benedetta, quasi una ninna nanna che nello svilupparsi sa sorprendere l’ascoltatore, lasciandolo sempre attento, incuriosito ed affascinato.

Anche con altre composizioni inedite il giovane compositore aretino ha saputo farsi conoscere: ne sono un esempio “Union” per pianoforte e chitarra e dedicato al duo Debs-Fruscella, “La Comedia” suite in tre movimenti per chitarra sola e “Signora M” per quartetto di chitarre, già presentate in festival nazionali ed internazionali, tanto che la critica francese ha ritenuto opportuno paragonarlo alla scrittura di Nino Rota.

Roberto Rossi è anche l’arrangiatore e il compositore dell’orchestra “Le chitarre di CesAre”, progetto didattico-culturale ideato da Albiani (docente al Conservatorio Statale di Musica “B. Maderna” di Cesena e della Scuola di Musica “F. Coradini” con la medesima istituzione convenzionata) che, oltre a Rossi, coivolge anche Alessandro Bertolino alla direzione dell’orchestra stessa e Giordano Brandini, Antonino Ielo, Serena Meloni e Gilberto Russo quali maestri collaboratori. Per il gruppo ha composto ed arrangiato brani che rispecchiano lo spirito dinamico e frizzante dell’ensemble, come ad esempio “Rubino” o “Instruments from”, il primo caratterizzato da ritmi sincopati e di milonga, il secondo che richiama all’ironia della musica di Bregovic, riscuotendo grande attenzione da parte del pubblico che ne apprezza la vivacità e l’originalità.

E‘ questo che caratterizza più di ogni altra cosa la musica di Roberto Rossi, l’originalità: senza inseguire correnti o avanguardie specifiche, sa farsi spazio nel mondo musicale con la sua freschezza e generosità, ironia e profondità. Musica che attinge non soltanto a vari generi ma anche alle storie e agli aneddoti che spesso puoi sentire raccontati da quel ragazzo conosciuto tanti anni fa, che non rispecchiava la mia idea di “maestro di musica” e che col tempo, nonostante qualche capello bianco in più, è rimasto sempre versatile, curioso e sopratutto appassionato.

Articolo di Serena Meloni

Fabio de Simone domanda:

Quando hai scoperto la tua passione per la composizione?

In realtà ho sempre scritto, fin dall’età di dodici-tredici anni, ma ciò che componevo non piaceva, quindi evitavo con cura di farlo sentire e riascoltando le mie musiche di quell’epoca….facevo molto bene.

Ti senti piu’ chitarrista o composotore? Oppure entrambi?

Entrambi, un musicista deve innanzitutto conoscere ciò che ha dato alla musica per poi goderne, essere un bravo insegnante, se possibile, essere un buon concertista, e comporre; ma ritengo comunque che chi si diverte a fare quel poco che sa fare con la chitarra è già, per se stesso, un chitarrista, e chi sa divertirsi con qualcosa da lui creato è già, per se stesso, un compositore: è tutto divertimento gratuito! Riguardo all’insegnamento….è una cosa molto più seria, che mette a repentaglio il futuro di molti potenziali bravi musicisti, e purtroppo troppe persone non tengono conto di questo.

Quale compositore ha influito di piu’ sul tuo modo di scrivere?

In vita mia ho ascoltato di tutto e per lunghi periodi, in più il Maestro Giorgio Albiani ha sempre organizzato delle masters che uscivano dagli schemi canonici della chitarra classica, pur non perdendola mai di vista, quindi ho attinto dalla tradizione Brasiliana, al Gipsy Jazz eccetera , ma ciò che mi ha sempre dato la spinta è stata la curiosità verso tutto quello che suona: Classica, Popolare, World music, Jazz…..

Parlaci del tuo ultimo lavoro. A chi lo hai dedicato?

Appunto! La suite manouche è un gioco fra la chitarra classica e la chitarra manouche, ma senza fare distinzione: si tratta di chitarra, sempre e comunque.
E’ una suite in tre movimenti dedicata al duo di chitarre Albiani-Fuscella: un duo mai sentito prima! Sensazionale!
Ogni brano è stato dedicato: Djanto a Giorgio e ad Antonio, Serenata triste a chi non possiede nulla (infatti cerco di sottolineare l’ironia spesso adottata da chi non ha nulla per vivere e riesce comunque a farsi forza) e Vals pour trois a mia figlia, mia moglie e a me…..alla mia famiglia!

Salutaci dedicando un pensiero all’insegnante che piu’ di tutti ha contribuito alla tua formazione.

Credo di avere avuto la fortuna di essere stato allievo (a livello accademico) e di essere ancora allievo (a livello chitarristico-musicale) di uno fra i più grandi insegnanti esistenti sulla piazza internazionale: Giorgio Albiani…. Giorgio ha l’idea musicale sempre pronta e la sua chitarra è come se fosse sempre senza custodia a disposizione del Maestro: è la sintesi fra musica, chitarra e umanità.

Links:

- http://www.lechitarredicesare.it/
- http://www.scuola-di-musica-coradini.eu/
- http://youtu.be/y3tt4PtONXA
- http://www.youtube.com/watch?v=dssH0t7FPhM
- http://www.partition-soldano.fr/index.php?page=partition_fiche&;prod=809
- http://www.associazione-iubal.com/
- http://www.giorgioalbiani.com/
- http://www.youtube.com/watch?v=n_lFOKOpoSM
- http://www.associazione-iubal.com/associazione-culturale/musica/lorchestra-di-chitarre/

19-04-2024 4:32

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